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Iliham [Indole umana] PG ESILIATO

Ultimo Aggiornamento: 29/06/2013 14:16
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Città: BARI
Età: 37
Sesso: Femminile
29/06/2013 14:15

La Profezia



Tutto ciò che accadde a seguire quella notte fu solo la conseguenza diretta di una girandola di eventi inarrestabile. La quiete dei giorni precedenti divenne ben presto un vago ricordo ed un mese trascorse nella frenesia inafferrabile di un qualcosa di oscuro che attendeva in silenzio il momento più congeniale a se stesso per presentarsi. Gli unici attimi di spensieratezza che gli rimanevano erano costituiti dalle ore trascorse in compagnia di Kyra quando, non appena la sera si faceva incalzante, si recava nei pressi del villaggio per raggiungere la bettola e le sue labbra, nella perfetta alternanza di notti dolci e ardenti durante le quali finirono per appartenersi l’un l’altro in un modo talmente profondo e intenso da apparire quasi disumano. Ma ben presto anche quella magia gli venne strappata via.
Accadde in una sera di torrida estate. L’acciottolato sottostante era ancora caldo per il sole assorbito durante tutto l’arco del giorno e le brevi ventate d’aria fresca offrivano solo una misera fonte di refrigerio ai pochi passanti che attraversavano, proprio come lui, il labirintico reticolato delle strade di Bjorg. Aveva appena portato a termine una commissione per conto di Ray quando dal fondo di un vicolo avvertì un urlo. Anche se a dire il vero più che un urlo quello risuonò dentro le sue orecchie come un lamento…il gemito soffocato di una donna. Avrebbe potuto proseguire per la sua strada e fingere di non essersi reso conto di nulla ma la noncuranza era solo uno dei tanti tratti causati dal suo sangue nordico che, a differenza del suo aspetto, non aveva ereditato. Deviò all’interno del vicolo e si lasciò inglobare dall’ombra informe che ottenebrava ogni cosa, nascondendo perfino i volti delle due sagome vicinissime tra di loro e di cui una si trovava a stretto contatto con il muro alla sua destra. Si trattava di una donna e, a giudicare dai versi giunti dall’altra parte, era chiaro che a fronteggiarla vi era un uomo che si stava approfittando di lei e del suo corpo..o almeno quello fu ciò che l’irlandese immaginò. Non si rese conto del come ma se un attimo prima li stava osservando da una certa distanza un attimo dopo si ritrovò con la gola dello sconosciuto stretta in una mano. Lo aveva appena sbattuto contro la parete opposta, strappandolo alle grazie della ragazza che inizialmente non emise un fiato. Tutto ciò che voleva fare era strangolarlo, fargli del male, preda di una furia cieca dalla quale non si era mai lasciato dominare prima di allora ma che, ne era certo, aveva sempre fatto parte della sua vita. Quando il primo pugno andò a schiantarsi sulla faccia dell’individuo con forza efferata, nemmeno si rese conto del suono stridulo che provenì dal naso dell’altro o del bruciore alle nocche che lo investì solo al termine di quella sequenza di colpi implacabili diretti verso il volto del malcapitato senza una ragione. Anzi…a dire il vero una ragione c’era e stava tutta nella ripresentazione concreta di un ricordo appena tornato a galla dalle memorie del tempo. Aveva a malapena sei anni quando vide Laila concedersi ad un uomo solo per salvargli la vita e anche se la situazione era del tutto diversa il gusto del riscatto in un primo momento sembrò comunque piacevole. La faccia dello straniero in seguito gli si mostrò nella pienezza orripilante della violenza appena subita..emaciata, gonfia e rossa come il sangue che gli colava copiosamente dal naso. Iliham, che ancora teneva una mano sotto il collo taurino dell’individuo, respirava a stento, scosso dalla potenza di un respiro affannoso che sgonfiava e gonfiava il suo torace di continuo e che gli faceva danzare animatamente le spalle dall’alto verso il basso.
«Sei impazzito?Razza di idiota si tratta di una lurida prost…» la possibilità di concludere la frase non gli venne concessa dal momento che il figlio dei barbari tornò ad infierire sul suo orribile muso pestato a sangue. Lo colpì, ancora e ancora, con un impeto che ad ogni istante acquistava sempre più ferocia, così che i pugni inferti azzittirono completamente l’uomo, ormai quasi del tutto esamine e sorretto a stento dalla sua morsa. Una voce si intersecò fra i rumori generati da quel pestaggio violento. Era la voce della donna alle loro spalle. Una voce carica di terrore e orrore.
«SMETTILA! Ti prego smettila…così lo ammazzi!» urlò fra un singhiozzo e l’altro. E fu quell’urlo ad arrestare la corsa dell’ennesimo colpo già pronto a raggiungere il naso rotto dello sconosciuto.
Lo fece perché quello non era l’urlo di una semplice donna, ma la preghiera accorata della Sua donna. Di Kyra. Si voltò e non appena abbandonò la presa dal collo altrui lo sconosciuto cadde a terra, respirando a fatica.
«I-i-iliham?» sarebbe stato bello se l’avesse scambiato per qualcun altro, pensò, ma non vi fu possibilità d’errore nell’attimo in cui il ragazzo si girò completamente nella sua direzione, fissandola in silenzio con un’espressione vuota e insormontabile. Cercò di abbassarsi la gonna e di darsi una sistemata come meglio potè ma ben presto capì che tentare di sminuire la gravità della situazione non sarebbe servito a nient’altro che a peggiorarla. Il silenzio che iniziò a gravare su di loro li condusse allo stesso risultato di una lenta agonia.
«Visto che non hai portato a termine il tuo lavoro ridammi i miei soldi, meretrice che non sei altro!» E così la voce dell’uomo a terra lo disgregò. Al suono di quelle parole Iliham si voltò come una furia in direzione dello sconosciuto e caricò un altro pugno che però raggelò a mezz’aria.
«Se non hai intenzione di riceverne ancora ti consiglio di sparire dalla mia vista..adesso!» L’uomo non se lo fece ripetere due volte, dilenguandosi a stento dall’altra parte del vicolo. Il figlio dei barbari non riusciva nemmeno a guardarla in faccia. L’argento degli occhi di Kyra andò a fondersi, miscelato all’acqua delle pesanti lacrime che li riempivano.
«Iliham guardami, ti scongiuro!» tentò di accarezzarlo in volto ma lui la strattonò con forza.
«Non provare nemmeno a toccarmi..» la sua voce era fredda, innaturalmente gelida.
«Mi-mi dispiace…tu non sai..» fece no con la testa, singhiozzando come una ragazzina.
«..Da quanto tempo?»
«Tu non sai quanto mi dispiace..»
«DA QUANTO TEMPO?» sbraitò, anche se la collera aveva già lasciato il posto all’amarezza.
«Da..d-da..tu non puoi capire, ho dovuto farlo!»
«Lo eri già quando ci siamo conosciuti?»
«L’ho fatto per la mia famiglia..per mio fratello, per mia sorella..noi non avevamo soldi e..»
«Lo eri già..» sussurrò a se stesso, con rassegnazione evidente.
«Non avevo altra scelta!»
«C’è sempre un’altra scelta..» sembrava non avere più voce per quanto fu roco e basso quel mormorio. Era sfinito. Non aveva più forze per far niente. Nemmeno per gridare.
«L’ho fatto solo per i soldi, solo per quelli! Non ho mai provato niente con..con loro. Mai! Solo con te..c’eri solo tu Iliham. Sei sempre stato tu..solo tu…e quando ti ho detto che ti amavo non si trattava di una bugia. Era tutto reale per me... lo è ancora!» Non voleva ascoltare una sola parola in più se giunta da quelle labbra. Le diede le spalle e cominciò ad incamminarsi nella direzione dalla quale era giunto.
«Dove stai andando?» Lei cercò di superarlo per tentare in tutti i modi di tagliargli la strada.
«Ti prego…Iliham ti scongiuro, non andartene..»
«Dimmi una sola ragione per cui dovrei restare»
«Perché sono il tuo cielo e le tue stelle. Perché mi ami. L’hai detto tu questo»
«Sì, quando ancora non sapevo come stavano le cose..tu non hai fatto altro che mentirmi per tutto questo tempo!» era disgustato all’idea che quel corpo fosse stato sfiorato dalle mani di un altro uomo, baciato dalle labbra perverse di chissà quanti sconosciuti.
«L’ho fatto solo per te, per proteggerti…che altro avrei dovuto fare?»
«Dirmi la verità, per esempio? Avremmo potuto trovare una soluzione insieme, ti avrei aiutato..»
«Dio, quando fai così sei proprio uguale a lui…a Ray!»
«Sempre meglio che essere come te..»
«..disse il ladruncolo che ha derubato mezza città..»
«..sì, lo stesso che poi ha preso una scelta e che ha deciso di cambiare, ma soprattutto quello che non ti ha mai mentito, nemmeno una volta!» allontanò gli occhi dai suoi, puntando la strada che lo attendeva e cercando di avanzare nonostante tutto.
«Provi ribrezzo per me..non è così? E’ perché sono una meretrice? Non lo era anche la donna che ti ha cresciuto, dopotutto?» non avrebbe dovuto dirlo. Se ne pentì l’istante successivo, anche se comprese che era troppo tardi per rimediare. Eppure lui sembrava stranamente calmo, fin troppo, rivestito di una quiete che quando raggiungeva quei livelli diveniva più pericolosa della rabbia.
Estrasse da una tasca qualche moneta e gliela lanciò ai piedi. Nei suoi occhi di ghiaccio c’era nient’altro che un profondo ed ineluttabile vuoto.
«No. E’ perché sei una bugiarda. Questi sono per tutte le volte in cui ti sei concessa a me. Buona fortuna, Kyra» si stava allontanando…e lei non potè far nulla per fermarlo. Non solo perché quel corpo la sovrastava in forza e massa ma anche perché sapeva di aver sbagliato tutto. Cadde in ginocchio, scossa dalla violenza di un sussulto. Aveva appena perso l’unica cosa pura e vera della sua insulsa vita, senza sapere che ben presto la stessa sorte sarebbe toccata anche a lui.

Il cortile esterno era fin troppo silenzioso per i suoi gusti, immerso in un’atmosfera talmente quieta che ogni passo guadagnato dal figlio dei barbari non faceva altro che rimbombare forsennatamente nei dintorni, proprio come quello di un gigante che aveva deciso di attraversare la terra. Qualcosa non andava. Lo sentiva nell’aria, come se la natura avesse voluto avvertirlo in tutti i modi del pericolo incombente alle sue spalle. Tre figure cupe e minacciose apparvero di punto in bianco nel nulla apparente che circondava la fattoria di Ray. Se ne rese conto nell’attimo in cui incrociò il loro riflesso attraverso la superficie lucida di uno scudo appoggiato contro la ruota del carro – stranamente rovesciato a terra su di un lato. Anziché voltarsi decise di proseguire cautamente in avanti, per fingere di non essersi reso conto di nulla. Ma quando raggiunse il carro con uno spostamente che da apparentemente distratto divenne rapido afferrò lo scudo e se lo piazzò dietro la schiena a protezione del collo, scivolando dietro il carro che divenne ben presto una barricata improvvisata. La freccia scoccata da uno dei tre uomini non lo colpì per un soffio. Erano vestiti di pelli miste e di un’aria tremendamente selvaggia che Iliham non faticò a riconoscere, dal momento che l’aveva intravista solo sugli uomini di Marbh, malgrado fossero passati diversi anni.
Ciò che avvenne negli istanti successivi fu il riflesso diretto di una necessità che animava tutti allo stesso modo, dagli animali agli uomini, e che quindi coinvolgeva anche lui: sopravvivenza. Il dardo conficcato a terra finì ben presto sotto una manica della sua blusa, nascosto dalla stoffa che ne celava il pericolo. Girò cautamente attorno al carro ma venne ben presto raggiunto dal primo dei tre guerrieri che aveva deciso di allontanarsi maggiormente dal folto e di raggiungerlo. Una scarica di colpi giunti dal forte della lama altrui andò ad abbattersi al centro esatto dello scudo che sorreggeva con la destra. Fortunatamente quello era composto dal miglior metallo di tutta l’Irlanda e realizzato dal più grande forgiatore dell’Ulster o nel caso contrario non sarebbe mai riuscito a parare quei colpi e ad attutirne l’energia con cui il guerriero li caricava forsennatamente. Il fendente che vide arrivare divenne ben presto la sua sola possibilità di salvezza. Approfittò del fatto che il torace dell’uomo rimase scoperto da quell’attacco per chinarsi in avanti, abbassare il braccio sinistro, farsi scivolare sulla mano la freccia e infilzare la gola del guerriero con la cocca, mentre la testa sorreggeva lo scudo posizionato sulla nuca come un guscio e che, per la potenza con cui l’altro aveva caricato il fendente, vibrò intensamente per più di qualche istante. La sua seconda morte. Rivoli di sangue gli sporcarono la faccia, schizzando dalla carotide del guerriero come spruzzi d’acqua da una fontana. Fu la vista e l’odore di quel liquido rosso rubino ad alimentare la concitata adrenalina che lo investì e che gli permise di non arretrare nemmeno una volta in risposta ai colpi del secondo guerriero che l’aveva appena raggiunto mentre l’altro, l’arciere, stava fissando la scena e il corpo dell’uomo che Iliham aveva appena fatto fuori con un’espressione furente sul volto. Di sicuro si aspettavano di liberarsi di lui nel giro di pochi istanti, ma non di incorrere nella complicazione offerta da una forza d’animo inaspettata. Il secondo guerriero, a differenza del primo, era molto più mingherlino e per questo anche molto più agile di lui. Se non avesse avuto lo scudo a difenderlo sarebbe stato colpito molto prima di quanto non avvenne quando il filo della bastarda impugnata dallo sconosciuto tagliò orizzontalmente l’aria raggiungendogli una spalla e causandogli un taglio superficiale ma fastidioso. Fu quel dolore, tuttavia, a nutrire la foga del figlio dei barbari, fu la consapevolezza del pericolo a rafforzarlo e fu proprio di quella, della forza data da un corpo massiccio consolidato dalla costanza di innumerevoli allenamenti e del lavoro nella fucina, che si servì nell’istante in cui sbilanciò il corpo del suo avversario per schiacciarlo sotto il suo peso e fargli perdere il controllo dell’arma. Ogni secondo era prezioso come l’oro e non ne perse nemmeno uno quando afferrò lo scudo, posizionandolo diagonalmente rispetto al terreno, e fracassò il cranio dell’uomo che soccombeva, intrappolato nella morsa delle gambe dell’irlandese strette attorno al suo bacino. Non sapeva come uccidere un uomo prima di allora. Ray gli aveva insegnato molte cose ma non quella. Gli aveva spiegato come difendersi più di una volta, simulando lo schema basilare di un duello con delle spade finte, ma cercò a più riprese di evitare di istruirlo all’arte del combattimento, forse perché il mentore aveva intuito piuttosto bene quanto pericoloso fosse quel ragazzo quando la ragione si ammutoliva e l’impeto dato dal più puro degli istinti gli abbracciava l’anima...proprio come stava succedendo in quel preciso momento. Eppure anche la foga imperiosa dei barbari che gli scorreva nel sangue richiedeva in cambio un prezzo da pagare. Si concentrò talmente tanto sulla vittima già morta sotto di sé da non rendersi conto della folle corsa intrapresa dal terzo guerriero – che nel frattempo aveva abbandonato l’arco per armarsi di un falcetto - nella sua direzione. Avvertì il suo fiato nauseabondo sul collo e il profilo grezzo e ricurvo dell’arma ad un soffio dalla gola. Comprese che la fine era giunta, che un uomo addestrato a tutt’altro che al combattimento – per quanto avesse appena dimostrato di possedere doti quasi innate e di apprezzare particolarmente e inconsciamente la lotta – non poteva sopravvivere un minuto di più alla furia omicida di tre guerrieri esperti. Sollevò lo sguardo in direzione della Luna piena che lo fissava dall’alto ed il pensiero che quella sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe visto lo rassenerò.
Evidentemente il destino aveva in serbo altri piani per lui, pensò, nell’istante in cui l’arma del guerriero cadde a terra ed un urlo disperato fuoriuscì da quella bocca. Non aveva fatto in tempo a voltarsi che l’uomo era già stato dissanguato dalle fauci taglienti di una bestia enorme dal pelo chiaro, reso peccaminoso all’altezza del muso ricoperto di sangue. Si trattava di un lupo, ma non di un lupo qualunque. Era il lupo che Iliham aveva già avuto modo di incontrare due volte nella sua vita e che molto probabilmente, si ritrovò a credere, viveva da talmente tanto tempo in quella parte della foresta divenuta ormai il suo territorio da voler proteggere, forse volutamente forse no, sia la sua vita che quella di Ray. Ray...il pensiero del vecchio lo strappò via dalla stasi con la quale stava contemplando la ferocia con cui il lupo infieriva sul corpo del guerriero. L’animale non alzò il muso per guardarlo negli occhi e allora Iliham si allontanò dai corpi degli uomini massacrati ai suoi piedi, armandosi di una delle loro spade, per raggiungere la casa.
Marbh lo stava aspettando da tempo. Lo comprese dall’impazienza con cui si rigirò l’impugnatura della spada tra le mani non appena lo vide apparire dietro l’angolo della fattoria, sul cortile che si affacciava dinanzi alla parte posteriore di quell’umile dimora. Non era cambiato di una virgola..o così sembrava. Era stato lui ad ordinare ai tre uomini appena massacrati di ucciderlo, era ovvio, ma dalla luce che intravide nei suoi occhi qualcosa gli diceva che sapeva che sarebbe riuscito a sovrastarli in qualche modo...come se attendesse il momento per scontrarsi con lui da tutta la vita. Dal profilo della bastarda gocciolavano lacrime di sangue. Iliham deglutì, ricacciando con repulsione il pensiero del corpo trucidato del vecchio. Non voleva crederci, non poteva, ma aveva capito perfettamente come stavano le cose..in ogni caso Marbh non gli permise di fare nient’altro che agire, a seguire un verso cupo e gutturale.
«Hòigh, Fuar» la parte di quella bocca che era stata risparmiata dalle fiamme si piegò, mostrandogli un sorriso macabro. La lotta che intrapresero era quanto di più simile ad una danza potesse esserci. Improvvisata e brutale, certo, ma incredibilmente bella, perfino nella disarmonica sequenza dei colpi inesperti giunti da parte del giovane irlandese. Ormai si equiparavano sia in massa che in forza e Iliham non fu mai costretto a piegare il capo verso l’alto per guardarlo negli occhi come un tempo. La lama dell’altro investì più di una volta la sua carne ma per sua fortuna mai in punti critici che l’avrebbero di sicuro sfinito e condotto ad una morte certa. Marbh era mille volte più capace e addestrato di lui a quell’arte ma vi era un dettaglio tra i tanti che probabilmente non aveva preso in considerazione. Iliham era molto più giovane e in forze di lui. Ogni suo movimento, malgrado la stazza imponente che apparteneva ad entrambi, era sempre più rapido e scattante..e quando il giovane figlio dei barbarì lo capì non fece altro che attuare la sola tattica che gli avrebbe concesso una misera possibilità di scampare alla brutalità del capo degli schiavi. Raramente attaccava, difatti, concentrandosi sulla difesa e parando di continuo i suoi colpi con lo scopo di farlo stancare il prima possibile. Trascorse molto tempo prima che anche la sua spada riuscì a ricavarsi una breccia nella difesa della montagna e a colpirlo ma infine ci riuscì...e con un lampo di amara consapevolezza Marbh crollò in risposta al tondo roverso, impreciso ma brutalmente letale, giunto da parte di Iliham e rivolto al suo fianco destro contro il quale affondò senza ripensamenti. La montagna cadde a terra con un tonfo pesante, abbandonando la presa dalla bastarda che rotolò a pochi metri di distanza. Eppure dei due quello più sorpreso sembrava Iliham, i cui muscoli delle braccia e delle gambe dolevano per la fatica. Era stremato e si trascinò a stento in direzione di Marbh, solo per osservarlo e assistere in silenzio a quella che divenne una morte lenta, probabilmente sofferta, ma carica di verità che Iliham, nei minuti seguenti, riuscì ad assorbire a stento.
«Tuo padre a quest’ora starà già festeggiando...» le parole si trascinavano a stento oltre quell’orrenda bocca «posso quasi sentire il cozzare dei calici e le grida di giubilo provenire dall’altra parte dei cancelli del Valhalla» sospirò «..attendono me» incurvando le labbra in un sorriso fiero e malevolo. Il figlio dei barbari non riusciva a capire cosa c’entrasse suo padre in tutta quella storia...perché aveva capito che non era a Ray che si stava riferendo.
«Quando ti ho visto la prima volta non mi sembrava vero...ero certo di aver estirpato del tutto la dannatissima discendenza di tuo padre..ma non appena vidi il simbolo di Grugnir sul tuo corpo non ebbi altri dubbi. Eri proprio tu, Fuar, secondogenito di E’amman, scampato ad una morte certa per miracolo, così come aveva predetto Sherazar tempo prima...e dire che non avevo mai voluto dare ascolto alle parole di quella vecchia veggente fino ad allora» un violento colpo di tosse lo investì.
«Quando trapassai da parte a parte il corpo di mio fratello provai una gioia incontenibile...ma la provai ancor di più quando sussurrai contro il suo orecchio che l’unico dei suoi figli rimasto in vita era divenuto cibo per vermi ormai. Credevo di aver finalmente distrutto tutti i membri del clan dei Talakheen..ma poi sei apparso tu, nella Fossa, e per me da quel giorno non vi fu più pace..» collane di sangue sgorgarono dalla sua bocca, macchiando il tappeto d’erba che li ospitava.
«Mi avevano detto che eri stato ucciso, passato a fil di spada dalla lama di tuo fratello Ualtar, la stessa con la quale aveva messo fine alla vita di tua madre..» la fronte di Iliham divenne una valle d’alabastro disseminata di piccole dune. L’azzurro incontaminato del suo sguardo brillava, ma non certo di gioia, né di sorpresa, quanto di una lenta e tormentata presa di coscienza.
«Quando ti vidi per la prima volta pensai subito a lei, a tua madre...tu hai i suoi stessi occhi»
Il figlio dei barbari non riusciva ad aprir bocca. Qualcosa di doloroso gli stava bruciando la gola.
«Ualtar era decisamente più esperto di te nel maneggiare la spada...eppure eccomi qui, agonizzante a causa di un ragazzino cresciuto in una fattoria sotto l’ombra di un vecchio fabbro...» sputò. Sangue e odio fuoriuscirono da quelle bocca mentre la sua voce si indeboliva sempre più.
«Sei stato tu a farlo? Sei stato tu ad uccidere mio fratello?» Iliham trovò la forza di reagire tutto d’un tratto, ma in quella domanda non vi erano, stranamente, sfumature d’odio quanto di un profondo rammarico...come se fosse dispiaciuto del fatto che Marbh avesse compiuto un gesto che spettava a lui. La verità era così brutale e insopportabile da comprimergli il cuore in una morsa.
«Sì» ringhiò con soddisfazione «ed è stato estremamente facile. Era abile e ben addestrato, certo, ma non aveva la tua grinta, non aveva il tuo coraggio, né il tuo attaccamento alla vita. Era un folle spregiudicato...proprio come mio fratello, tuo padre, e guarda dove li ha condotti la follia. Tu invece sei sempre stato come lei...» il petto della montagna si gonfiava d’aria a fatica mentre Iliham si rese conto di aver appena condotto sotto la falce dell’Oscura l’unico componente della sua vera famiglia che gli rimaneva: suo zio.
«Avremmo vissuto felicemente assieme...ma E’amman me la portò via, rendendola sorda e cieca..e tu sei colpevole della sua morte almeno quanto lo erano tuo fratello e tuo padre!» lo guardò negli occhi. Quelli di Marbh erano lucidi e l’unica traccia di vita che bruciava al loro interno stava per spegnersi da un momento all’altro. «Per questo io ti maledico, nipote: che tu possa vivere i giorni che ti rimangono preda di un senso di colpa insopportabile...e che questo senso di colpa ti conduca ad un’agonia lenta e ad una morte dolorosa..Dovrai imparare a convivere con questa certezza: tu sei proprio come tuo padre, tuo fratello e me..un Talakheen, l’ultimo rimasto in vita..e per quanto tenterai di fingerti qualcun altro ricorda: rimarrai sempre ciò che eri quando sei venuto al mondo»
«No...»
«Un Barbaro..»
«..io non sarò mai come voi..» Marbh esalò il suo ultimo respiro. La profezia si era appena avverata. Aveva il sangue del suo sangue fra le fauci. Dall’altra parte della fattoria un ululato malinconico e assordante si elevò alla Luna. Era il pianto del lupo che non avrebbe rivisto mai più.

___ ☾ ___


An Tùs – L’inizio



} Caro Iliham, se stai leggendo queste parole vorrà dire che ormai conosci tutta la verità e che molto probabilmente io non sarò al tuo fianco per aiutarti ad affrontarla. Perdonami se non ti ho mai mostrato prima questo diario...volevo solo che tu vivessi liberamente, senza lasciarti condizionare da tutto questo, come avrebbe voluto tua madre, fino al giorno in cui non saresti stato pronto per accettarlo. Forse non ti senti pronto nemmeno ora..ma in fondo nessuno lo è mai davvero. Hai letto le parole di Namiria? Sembra così simile a te che, condividendo gran parte dei miei giorni al tuo fianco, mi sembra quasi di averla conosciuta. E se ti conosco almeno la metà di quanto credo sono certo che tu non la odierai mai, nel profondo..lo sai bene anche tu. Voleva solo tentare di preservarti e alla fine, malgrado le mille peripezie che hai dovuto affrontare, c’è riuscita. Di sicuro a quest’ora sarebbe fiera di te proprio come lo sono io. Sì, io sono estremamente orgoglioso dell’uomo che sei diventato, Iliham e sono grato agli Dei, ché se una parte di me crede ancora in loro è solo perché esisti tu, di averti fatto raggiungere la mia fattoria, quel giorno...ma volevo ringraziare soprattutto te per avermi concesso il grande privilegio di essere tuo padre. Non te l’ho mai detto ma tu sei sempre stato come un figlio per me. Un figlio meravigliosamente complicato e straordinariamente speciale. Speciale, proprio come lo è il luogo nel quale sono cresciuto: Avalon, un’Isola nascosta fra le nebbie e che per certi versi mi ricorda te...perché hai sempre tentato di celarti dietro un muro di apparenze e gelo, per cercare a tutti i costi di difendere te stesso e le persone che ti circondavano. E’ un bene, ma anche un male, come un’arma a doppio taglio..per questo voglio che tu imprima bene in mente questa mia lezione, l’ultima da parte di questo vecchio che ti ha voluto un gran bene e che continuerà a vegliare su di te fino alla fine dei tuoi giorni. Ama e lasciati amare, odia pure, se ne hai voglia, ma nel frattempo non smettere mai di sognare, di sperare, di credere e sopra ogni altra cosa non dimenticare mai, mai, per niente al mondo, ciò che sei...qualunque cosa terribile dovesse accadere, qualunque ostacolo ti ritroverai ad affrontare, anche se potrebbe sembrarti insormontabile, rimani sempre te stesso, Iliham. Il bambino scettico ma buono, il ragazzo selvaggio ma coscienzioso, l’uomo ragionevole ma passionale. Non reprimere mai niente della tua natura. Fa parte di te. Impara ad accettarti per ciò che sei. E infine, ma non per ultimo, Vivi...vivi intensamente come se non ci fosse un domani. Vivi come se ogni giorno della tua vita fosse l’ultimo. Vivi come se ogni respiro valesse oro a partire da questo istante.
Questo è il tuo turno Iliham. Prendi in mano le redini del tuo destino, fallo ora, perché questo è un nuovo inizio che appartiene solo a te.
Non ti posso assicurare che sarà facile, né tantomeno roseo, ma sarà tuo.
E adesso va, scrivi di tuo pugno il resto della storia...d’altronde di pagine, questo diario, ne ha ancora tante...
Con affetto e profonda devozione {
Ray

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