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Finian [Indole umana] PG ESILIATO

Ultimo Aggiornamento: 29/02/2016 22:47
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Sesso: Femminile
29/02/2016 22:47

Nome: Finian Nome reale: Ualtar
Età reale: 30 anni
Luogo di nascita: Irlanda, in un villaggio nomade posto nel nord dell'Eire
Allineamento: Neutrale {oscillante C/N}
Descrizione Fisica: Di aspetto intorno ai 25/26 anni. Capelli neri e mossi, ribelli, una cascata di lana scura che ripiomba sul viso come una foresta di liane. Incarnato pallido, occhi grigi di metallo fuso ed essenze di luna con una punta di cinismo. Molto alto (185 cm) e particolarmente sviluppato nella muscolatura dovuta agli allenamenti e le infinitesimali battaglie, la schiena coperta completamente di tagli e cicatrici di cui lui non sa nemmeno la provenienza. Una sola di esse è particolare, perchè contrassegnata con un simbolo delle divinità nordiche.
Parentele: Finian è imparentato con suo fratello Fuar che, nel gioco attuale, si chiama Iliham

*******


L'eire, la terra verde, così la chiamano gli altri senza mai averla vista in inverno. Bianco ovunque, completa mancanza di colore e le verdi colline divengono solamente distese di neve. Il paesaggio è irriconoscibile e i colori freddi compongono il quadro di tutti i giorni, eccetto per quei brevi istanti in cui il sole cala all'orizzonte, contagiando di rosso quelle punte d'abete bianco. E' lì dove è nato mio figlio, in una fredda notte di Ruis, come lo chiamano loro. -Dai diari di E'amann

Fuar Bán – Freddo Bianco

La sua principale caratteristica era di essere un dispettoso bimbetto del nord. Se ne andava in giro con una spada di legno a combattere con gli altri bambini e non solo. Aveva fionde, cerbottane, armi giocattolo di ogni genere. E si comportava ancor più da selvaggio, come la sua tribù di barbari, a causa di quel suo caratteraccio egocentrico e per nulla altruistico. Forse era un bene, perchè in un villaggio normanno non era biasimata una persona “per bene”. Ma se si poteva riassumere un barbaro furioso in una persona carnale, quello era Ualtar, figlio di E'amann. Namiria, invece, era il nome della madre. Lei era diversa da tutti gli altri del clan. Era pacata, composta, per nulla incline alla violenza e anzi, contro di essa. Il più delle volte la si sentiva litigare con E'amann mentre questi urlava il nome degli Dei. Sembrava che quando ciò accadeva, Thor lanciasse i suoi fulmini sbattendo il martello con forza sulla terra. Sembrava disgustata da suo figlio. Si capiva, avrebbe preferito che morisse assiderato il giorno della nascita, piuttosto che trasformarsi in quello che era. Certo era tanto attraente quanto vile e scontroso. Aveva gli occhi affilati, dello stesso colore della sua lama, argentei e liquidi come metallo fuso; in pochi anni iniziava già a delinearsi il corpo di un uomo agile e scolpito da fare invidia a tutti gli altri primogeniti del villaggio. Gli allenamenti avevano irrobustito le sue braccia e le sue gambe, il suo viso era delineato da tratti freddi e duri, tutte caratteristiche che facevano di lui il perfetto Nordico eccetto solamente per una cosa: i capelli ricci e lunghi di un nero di pece, mantenuti legati da una coda dietro la nuca. Una cosa che odiava era farseli toccare, soprattutto dalle donne che, stranamente, gli facevano disgusto come tutti gli altri. Ecco ciò per cui Namiria aveva perennemente orrore. Lui era al centro del proprio universo e ogni cosa estranea rimaneva all'esterno del suo cerchio di contenimento. Se durante la caccia qualcuno del suo clan aveva bisogno d'aiuto, preferiva lasciarlo sbranare dai lupi, pur di non essere rallentato.
All'età di sei anni, il ragazzo aveva già padroneggiato l'uso della spada. Mostrava già un fisico allenato e più sviluppato degli altri bambini della sua età. Sembrava un uomo miniaturizzato. Accadde che Namiria rimase nuovamente incinta del capo villaggio. Ualtar era entusiasta del nuovo fratello. Nonostante fosse puramente barbaro in tutto ciò che faceva, l'idea di avere un compagno con cui condividere la battaglia lo entusiasmava a tal punto da renderlo frenetico. Il giorno del parto, un bambino dagli occhi azzurri e dai capelli biondissimi venne alla luce. Ne fu invidioso, perchè aveva dei bellissimi tratti nordici, a differenza dei propri. Assomigliava totalmente al padre e sembrava già pronto a divenire, in futuro, un grande combattente. Ma nonostante tutto ne fu felice, fiero e orgoglioso. Voleva che crescesse in fretta, ma la madre non era così d'accordo. Anzi, decise che per il nuovo venuto, chiamato Fuar, non ci sarebbe dovuto essere nessun futuro da barbaro. Voleva risparmiargli l'odore del sangue sulle vesti e lo sguardo di un mostro, nonché lo stesso destino che ormai aveva colpito il primogenito. Scappò con il bambino appena nato e quando il clan lo venne a sapere, Ualtar finì su tutte le furie, ancora più di suo padre che già sembrava sparare fiamme dagli occhi. E'amann volle istituire un gruppo per le ricerche l'indomani ma il figlio barbaro non era favorevole. Andò a cercarla la notte stessa, solo e con compagne una spada e una torcia. Nevicava, faceva freddo, ma il ragazzino non demordeva. Piccolo di età, ma già con un'etica tutta sua, un senso forte -e malsano insieme- dell'onore e una furia brutale che brulicava ogni attimo della sua vita nel proprio corpo. Non fu difficile per lui trovarli, le tracce erano ancora fresche e, probabilmente, il giorno dopo non avrebbero potuto far molto per rintracciare i fuggitivi. In un piccolo anfratto, poco distante dal bosco, la coppia madre-figlio perfetta, si rifugiava dal vento sferzante e gelido. Gli occhi affilati e argentei di Ualtar colpirono nel segno e Namiria sentì raggelarsi il sangue. Lui arrivò a pochi passi da lei, osservandola negli occhi, senza battere ciglio e rimanendo in piedi, spostando lo sguardo solamente su Fuar. L'argento fu fermo e immobile in quell'istante, mentre le labbra emanavano un sibilo quasi doloroso.
-”Iniziate a scappare, Madre. Vi darò due minuti di vantaggio, poi verrò a cercarvi e giuro su Odino stesso che vi ucciderò con la mia spada per aver anche solo lontanamente pensato di poter togliere mio fratello dalle mie mani.”- Fu un attimo, poi lei si alzò, iniziando a correre cercando, vanamente, di preservare la propria vita e quella di suo figlio. Passati i due minuti Ualtar iniziò a muovere il passo. Era un passo lento e pesante, non aveva nemmeno bisogno di correre, inizialmente, perchè sapeva perfettamente che la donna non avrebbe potuto fare molta strada con le gambe intorpidite dal freddo. E infatti la trovò non molto tempo dopo, a riposarsi nel bosco, non lontano da un sentiero poco frequentato. La guardò piegando le labbra in un sorriso beffardo, avvicinandosi a lei e sguainando la lama. Per Namiria non vi furono molti altri attimi di vita, ma sufficienti per ascoltare le parole del suo primogenito, storpiato da una follia e una distorsione della realtà fuori dal comune.
-”Non siete una di noi. Non avete l'onore di vivere da nordica, se non avete il coraggio di far crescere vostro figlio come tale!”- La trafisse, facendola divenire la sua prima vittima, il suo primo omicidio. Si sentì irrimediabilmente vuoto, ma al tempo stesso leggero, tanto da goderne appieno come dopo aver mangiato un buon pasto. La neve si macchiò di rosso quella notte. Il suo viso fu schizzato di quella tinta calda, l'unica, inconfondibile tinta in quell'ambiente etereo, ad eccezione dei suoi capelli corvini. Si avvicinò al neonato, puntando la fine della lama contro la sua gola. Fuar iniziò a piangere rumorosamente, quasi infastidendo i timpani del fratello maggiore.
-”Lentamente o velocemente, Fratello? Non ti sento”- Lo cantilenò fino a che delle voci non lo raggiunsero. Stranieri? In quel bosco, su quel sentiero? Si facevano più vicini, non poteva semplicemente sgozzarlo, no. Suo fratello sarebbe dovuto crescere e combattere. Suo fratello sarebbe dovuto morire potendo parlare, potendo gridare pietà quando Ualtar sarebbe stato la sua ultima ombra. Voleva lasciargli un segno, un ricordo, un monito. Perciò incise con la propria spada un simbolo norreno: Gungnir, la lancia di Odino. Si dice che la lancia di Odino colpisca qualsiasi bersaglio, in qualsiasi momento. E' una lancia infallibile, così come lo sarebbe stata la propria lama nel momento di incontrare nuovamente il fratello. E sperava, in cuor suo, che diventasse forte abbastanza per poterlo far faticare.
Tornato al villaggio macchiato del sangue della madre, comunicò ciò che era accaduto, omettendo la sopravvivenza del fratello e anzi, comunicando la morte per causa sua. Il capoclan, oltre che sconvolto, si scoprì anche molto fiero di proprio figlio che a quell'età sapeva già uccidere a sangue freddo, come nessun'altro nel loro villaggio aveva mai fatto.
Crebbe in fretta e già portava i segni della vita di barbaro sul viso nonostante avesse soltanto tredici anni. Era l'unico mancino di tutto il villaggio, sapeva destreggiarsi in tutte le armi, dall'arco alla frombola, alla spada. Ma nessuno, in nessun modo, riuscì a fargli usare la mano destra. Era come se il suo corpo si rifiutasse di farlo. Il prediletto figlio del capo villaggio. L'unico in grado di portare avanti una battaglia o una conquista. Il depredatore. Veniva chiamato Diabhail, il Diavolo. L'unico Bastardo che non biasimava nessuno. Aveva occhi per una sola cosa: crescere, irrobustirsi, allenarsi, fino al momento in cui avrebbe incrociato nuovamente gli occhi cristallini del fratello. Solo allora si sarebbe sentito completo. Ma fino a quel momento, poteva solamente continuare a distruggere e a spargere sangue. Si fece incidere sulla pelle lo stesso simbolo che aveva lasciato a Fuar. La lancia di Odino. Doveva assolutamente tenere a mente che ogni attimo era necessario per divenire più forte. Sulla schiena, compare ancora oggi quel marchio. ( www.kotowari.org/wp-content/uploads/2008/02/gungnir2.thumb... )
Se vi era da uccidere, lui trucidava; se vi era da conquistare, lui distruggeva; per ogni cosa, lui era l'estremo, l'eccesso, il troppo. Gli altri membri iniziavano ad aver paura di lui. La loro stima nei suoi confronti divenne disprezzo. Non vi era uomo, donna, vecchio o bambino che risparmiasse. Si bagnava del sangue di ogni sua vittima, colorando la neve di rosso. E in quegli attimi sembrava davvero un Diavolo, bagnato dalle fiamme dell'inferno e l'arma incrostata della vita altrui. Non v'è dubbio che grazie a lui il loro villaggio si espanse fino alle coste irlandesi, compresa la terra di “The Pale”, conferendo alla tribù la possibilità di prendere il mare e, di conseguenza, di iniziare atti di pirateria in direzione dell'Inghilterra. Ma, al tempo stesso, lui divenne sempre più solo, fino a rimanere l'unico con quella sete di morte e di follia. Questo isolamento non lo aiutò minimamente, anzi, pur di riottenere il monopolio d'attenzione su di sé, iniziò a essere anche peggiore di prima. Cacciava dall'alba al tramonto, uccideva, conquistava, torturava, portava tesori inimmaginabili. Nulla che questo riscuotesse successo o che riuscisse a completare le sue aspettative. Persino suo padre, in qualche modo lo allontanò, tant'è che Ualtar decise di prendere una strada diversa, da solo, continuando ciò che gli riusciva meglio: essere un barbaro.

Dearg Blath – Fiore Rosso

Iniziava il suo percorso eremita. Si nascondeva nei boschi, sulle colline che iniziavano a presentare i primi segni di una primavera in arrivo. La neve si scioglieva, e così, come un bocciolo, fioriva l'aspetto ma soprattutto la forza del ragazzo di diciassette anni. Era passato diverso tempo mentre, man mano, aveva passato diversi confini. Ogni villaggio lo bandiva o non lo accoglieva. Se ciò accadeva non si risparmiava una freccia o due in qualche petto pur di non andarsene senza aver fatto nulla. Sapevano bene chi fosse. L'unico Nordico dai capelli neri e gli occhi d'argento. Dove lo si vedeva altrimenti il figlio d'un barbaro così? Era toccato dalla mano dell'inferno e questa era una convinzione comune, persino propria ormai. Si mosse nelle terre del Nord Irlanda come O'Neill e O'Donnel, ritrovando, almeno là, parte di quel freddo invernale e quelle nevi di cui sentiva bisogno. In tutto il tempo che vagò, non si risparmiò un duro e severo allenamento impostosi da lui stesso.
Correva sempre, tutti i giorni, per irrobustire le game. Faceva svariate flessioni, addominali, tutto all'alba del primo sole e non cacciava fino a quando l'allenamento non era completo. Tirava di spada contro alberi centenari, giocava di frombola con i ragazzini dei villaggi per cui seguiva un'altra corsa, di fuga in quel caso. Era sempre in movimento, se non per l'allenamento lo era per la caccia o per la ricerca di un luogo per la notte. Forse girò tutto il Nord Irlanda, prima di trovare una capanna abbandonata. Era completamente vuota e ciò che rimanevano erano un caminetto e un piccolo giaciglio, oltre che alcuni utensili arrugginiti. Decise di stabilirsi lì, a tempo indeterminato, finchè lui stesso non sarebbe stato pronto a tornare sulle tracce di Fuar. Nel frattempo l'allenamento continuava, accrescendo la massa dei suoi muscoli, la sua forza e la sua resistenza. Nulla poteva fermarlo, né il freddo dov'era cresciuto, né il caldo quando esso arrivava assieme all'estate. La vita da solo non sembrava spaventarlo, ormai era divenuto uomo da parecchi anni e sapeva badare a sé stesso forse ancor meglio di quanto non abbiano mai fatto i loro genitori: uno troppo impegnato a farlo diventare barbaro per poi allontanarlo, l'altra troppo presa a esserne disgustata, per poi attuare un malriuscito rapimento per risparmiarsi lo stesso disprezzo per l'altro figlio. Ma non c'è bianco senza nero, come non c'è mai pace senza tempesta. E la tempesta era arrivata con un gruppo del vecchio clan di Ualtar. Erano della stessa età del primogenito, evidentemente l'avevano cercato per chissà quale motivo. Presto il motivo fu chiaro e cristallino agli occhi del nordico che, mentre si trovava fuori a far legna, il gruppo arrivato armato di tutto punto, dalla testa ai piedi, come se dovessero affrontare una guerra contro cento uomini, gli si parò davanti, accerchiandolo. Del resto un così temibile barbaro era troppo pericoloso da lasciare libero. Poteva allearsi con dei nemici o intralciare i loro piani. Dovevano farlo fuori, anche se erano passati sei anni.
-”Cosa vi porta qui, fratelli?” Domandò Ualtar, ma non ebbe bisogno di una risposta. Le lame parlarono per lui. Erano in mezza dozzina, tutti armati di spade, asce o martelli. Non era difficile evitare i primi di loro, maneggiare la spada, del resto, era per lui semplice quanto bere acqua da un ruscello. Li sistemò con dei semplici fendenti, ma quando gli altri iniziarono ad attaccarlo contemporaneamente, nonostante fosse rinomato per le sue numerose battaglie vinte, nulla poteva fare, se l'attacco era alle sue spalle, da un membro che non aveva calcolato e da chissà quanto lo stava osservando. Fu un'unica pugnalata, alla schiena, quella che lo spense come la fiamma di una candela. Poi ce ne furono altre, e altre ancora, fino a che non decisero che fu sufficiente e lo spinsero giù per il fiume. Morto come un barbaro, in battaglia.

An Codladh Fada - Il lungo sonno

Non lo poteva ammettere e non l'avrebbe mai ammesso, ma rimanere in quel clan notturno, con quei cacciatori di montagna, fu per lui solamente di beneficio. Non conosceva il significato della parola Grazie prima di allora. E avrebbe potuto dirlo, qualche volta, se il suo orgoglio non fosse prevalso. I Mentori al suo fianco gli insegnavano di tutto: cercare tracce, muoversi nel bosco, accendere un fuoco ma soprattutto a placare la sua rabbia. Era un demonio, ma in mezzo a quei tutori, miracolosamente, riusciva a placarsi, come se il freddo di quelle terre riuscisse, ancora più della sua casa, a tenere a bada le fiamme che lo divoravano ogni istante. Gli insegnarono a mantenere un equilibrio costante mentre era con loro e questo, nonostante spesso gli costasse molta fatica, veniva sempre mostrato nel suo volto e nelle sue gesta, cancellandogli quella sete di sangue che prima sembrava essere la sua unica ragione di vita. In quel nuovo Equilibrio riusciva a mantenere la freddezza di un vero nordico, seppur senza sfociare nella furia del barbaro. Se non che, tutta quella rabbia che cercava di calmare, non era conosciuta. Non a caso gli avevano mai dato in mano un'arma e non a caso evitavano di farlo partecipare direttamente alle retate di caccia. Era rimasto con quei tutori per circa quattro anni. Uno dei quali lo ha passato dormendo, in un coma profondo. Era dato per spacciato quando venne rinvenuto ai piedi della riva del fiume, chilometri lontano dalla sua casa, ricoperto di sangue e ferite sulla schiena. Forse perchè era veramente il Diavolo, o forse semplicemente perchè il voler ritrovare Fuar era talmente forte, che il suo cuore non aveva smesso di battere. Continuava, seppur lui non fosse cosciente, a mantenerlo in vita. Sotto le loro cure non potè che migliorare, fino al suo risveglio, a un anno dall'accaduto. Era spaesato, come un ragazzino. La cosa peggiore è che non ricordava nulla, il suo nome, la sua età, la sua missione e la sua famiglia non lo sfioravano minimamente. Era in uno stato di crisi non potendo ricordare minimamente nulla, ma i tutori, cercando di andargli incontro, iniziarono dalla cosa più basilare: un nuovo nome, che sarebbe stato Finian. Da uomo nuovo, gli insegnarono tutto da capo. Cacciare, riconoscere le vie, l'allenamento fisico per potersi proteggere. Ma era difficile, perchè molto spesso la sua amnesia tornava a fargli visita. Qualche notte, senza uno specifico schema, la memoria gli cancellava gli ultimi avvenimenti, lasciandolo conscio di poche cose. I nomi di chi lo circondava, forse, ma gli insegnamenti svanivano. Perciò fu quasi impossibile insegnargli qualcosa di consistente. Ricordava poco e servivano più di una lezione a imprimergli le regole per non parlare del fatto che non aveva più la minima idea di come impugnare un'arma. In più, dopo il suo risveglio, molte notti sognava. Incubi in cui lui era il fautore di omicidi e assassinii terribili di cui era terrorizzato al risveglio. Questi alteravano il suo carattere irrimediabilmente, rendendolo suscettibile, irascibile e al peggio, completamente folle. Forse è stato questo, ad allontanarlo completamente da loro. Avevano cercato di insegnargli tutto, fino al suo trentesimo anno, tentando di impartirgli la via dell'equilibrio, ma quando dopo uno di quegli incubi, sembrò riassumere il suo vecchio “io”, le cose si capovolsero. Uccise un suo compagno, senza ricordarsi nulla il giorno seguente. Lo allontanarono, per il bene della comunità ma senza mai dirgli perchè. Lo guidarono fino a un'imbarcazione che conduceva in Inghilterra. Era difficile viaggiare con vuoti di memoria frequenti, perciò, nel giro di pochi mesi, si ritrovò in una cittadella, con dei ampi giardini e una luna argentea come i suoi occhi. Quella cittadella, gli disse una mezzelfa, era Avalon.

ANIMALE IN CUI SI TRASFORMA: LUPO


Indole: Umana

BONUS
Metri percorribili in un round: giovane 7, adulto 8, veterano 9
Resistenza magica : giovane n/n, adulto n/n, veterano n/n
Infravisione : giovane +1, adulto +1, veterano +1
Sensi sviluppati : giovane udito, vista, olfatto; adulto udito, vista, olfatto, veterano udito, vista, olfatto
Bonus taglia : giovane +1, adulto +1, veterano +1
Capacità singolari: incutere timore, resistenza animale
SKILL FISICHE DI BASE: resistenza 0, potenza 0, agilità +2


MALUS

-Non parlano
-Non manipolano oggetti o impugnano armi,
-Non possono effettuare azioni complesse dove sono necessariamente richieste le "mani"
-Generalmente a disagio in condizioni affollate (vs umanoidi) e all'interno di costruzioni
-Diffidenza generale verso esseri non ben conosciuti.. contrastata da una spiccata curiosità che può portare a trovarsi in pericolo.





CARATTERISTICHE DI RAZZA


Incutimore Timore
Questa capacità di alcune razze altro non è che l’infondere paura negli avversari sia per intimidirli, sia per metterli in fuga, sia per farli desistere da un attacco. Viene espressa da un linguaggio tipicamente corporale, con ringhi, ruggiti, artigli e muscoli in mostra. In base al livello sarà possibile avere effetti differenti sulle vittime. NON ha effetto su esseri non intelligenti. Incutere timore comporta una azione completa, pertanto non sarà possibile attaccare nello stesso round in cui si adopera tale capacità. NON può essere utilizzata più volte contro la stessa vittima nel corso di un singolo combattimento.

LIVELLO 1 tramite il linguaggio del corpo sarà possibile mettere in fuga avversari non determinati, o incutere timore in avversari comunque determinati ad attaccare, caso in cui il primo attacco subirà una penalità a discrezione del master a causa dell’esitazione dovuta alla paura






Resistenza Animale

Caratteristica tipica della razza dei Lupi è la loro resistenza agli sforzi prolungati ed al freddo (naturale e magico, sebbene si limitino gli effetti del freddo, e non la componente magica: non è resistenza magica). Questa capacità è dovuta alla conformazione stessa del loro fisico, che sopporta molto bene gli sforzi prolungati (ma non le ferite, per questo differisce da resistenza fisica), e alla pelliccia che contraddistingue questi animali, spesso oggetto del desìo di molti cacciatori

LIVELLO1 fisico sviluppato normalmente, pelliccia tenera e morbida che permette di resistere a temperature rigide (-10 gradi) senza malus, o al freddo magico (0 gradi). Capacità di non risentire di sforzi prolungati per 7 round

Skill da bg: resistenza liv 1
Skill da richiedere: 1
Karma al momento della trasformazione: 5398



MASTER DESCRITTIVO DEITHWEN


)O(


Che era morta. Le dissero che era morta...
Che nell'alba l'avevano vista galleggiare. Come un cigno.



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